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Premio Arrigo Boito

 


Premio "Arrigo Boito"
Il Premio “Arrigo Boito” viene assegnato annualmente ad una figura che nel corso della carriera
abbia reso omaggio con le sue interpretazioni all’arte del Compositore padovano.​


 

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XI° Edizione 2024 Basso RICCARDO ZANELLATO

X°  Edizione 2022  Basso GIACOMO PRESTIA
 

IX° Edizione 2021  Basso SAMUEL RAMEY
 

VIII° Edizione 2020 Pianista EMANUELE DELUCCHI


VII° Edizione 2019 Basso GABRIELE SAGONA

VI° Edizione 2018 Soprano LINA BRUNA RASA (alla memoria)


V° Edizione 2017 Baritono SIMONE PIAZZOLA
(consegnato il 4 Settembre 2020 in occasione della sua partecipazione straordinaria nel ruolo di Giorgio Germont ne La Traviata allestita nel Chiostro Barbarigo) 

IV° Edizione 2016  Basso ROBERTO SCANDIUZZI

III° Edizione 2015 Tenore GIANFRANCO CECCHELE

II° Edizione 2014  Tenore GIORGIO MERIGHI

I° Edizione 2013 Tenore ALBERTO CUPIDO

 

​Arrigo Boito
​Scrittore Traduttore Librettista e Compositore​
(Padova, 24 febbraio 1842 – Milano, 10 giugno 1918) 
 

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Figlio di Silvestro Boito e fratello minore di Camillo, è noto soprattutto per i suoi libretti d'opera, considerati tra i massimi capolavori del genere, e per il suo melodramma Mefistofele.

Dopo gli studi elementari a Venezia, dal 1853 studiò violino, pianoforte e composizione al conservatorio di Milano, allievo di Alberto Mazzucato, dando precoce prova di affrancamento dalle convenzioni musicali e di apertura alle innovative culture d'oltralpe con la cantata Il quattro giugno (1860) e col mistero Le sorelle d'Italia (1861), dei quali scrisse anche il testo poetico, proponendosi da subito nella duplice veste di poeta-musicista.

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Nel 1861, appena conseguito il diploma, ottenne una borsa di studio e, col condiscepolo e amico fraterno Franco Faccio, si recò a Parigi. Nella capitale francese conobbe, tra gli altri, Rossini, Berlioz e Verdi. Per quest'ultimo scrisse il testo poetico dell'Inno delle Nazioni, eseguito all'Esposizione Universale di Londra.

Nel 1862, lasciata Parigi per la Polonia, patria di sua madre (la contessa Józefa Radolinska, morta nel 1859), vi scrisse il suo primo libretto, l'Amleto, dall'omonima tragedia di Shakespeare, per la musica di Faccio.

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Tornato a Milano, strinse amicizia con Emilio Praga e aderì al movimento letterario della Scapigliatura, di cui fu uno dei principali esponenti. In questo periodo compose diverse poesie, poi in parte raccolte nel Libro dei versi (1877), e pubblicò quello che è generalmente considerato il suo lavoro più originale, il poemetto Re Orso (1864), una fiaba inquietante e orrida in forma di spericolato polimetro (componimento con versi di varia misura). Fu inoltre molto attivo, collaborando con diverse testate milanesi, come critico e recensore di spettacoli teatrali e musicali. In alcuni articoli, in particolar modo in quelli pubblicati sul Figaro (rivista da lui stesso fondata e diretta nel 1864), espresse i propri principi di riforma del melodramma italiano, in certa misura simili a quelli di Wagner (compositore con cui Boito, peraltro, ebbe un rapporto quanto mai problematico, altalenante tra entusiastica ammirazione e rigetto veemente).

Nel 1864, insieme ad altri «cultori della buona musica», promuove la fondazione della Società del quartetto di Milano.

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Di notevole pregio sono anche le sue raffinate novelle (L'Alfier nero, Iberia, La musica in piazza, Il pugno chiuso e Il trapezio), pubblicate su varie riviste dal 1867 al 1874.


Dopo alcuni anni di intenso lavoro (interrotto solo nel 1866, quando con Faccio s'arruolò nel corpo di volontari di Garibaldi in occasione della ​​​​​​​​​​​Terza Guerra d'Indipendenza) nel 1868 fece rappresentare alla Scala il grandioso dramma musicale Mefistofele, che condensava l'intero Faust di Goethe. Al suo debutto l'opera, accusata di wagnerismo, fu accolta da un clamoroso fiasco; dopo appena due rappresentazioni, a causa dei disordini ripetutamente verificatisi in teatro, si decise di interrompere le esecuzioni.

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Boito successivamente rivide e ridusse drasticamente la partitura (tra l'altro, la parte di Faust, originariamente per baritono, fu riscritta per tenore). La nuova versione, rappresentata nel 1875 al Teatro Comunale di Bologna, ottenne un enorme successo in Italia come all'estero e, unica fra le composizioni di Boito, entrò nel repertorio delle opere ancor oggi rappresentate e incise con maggiore frequenza.

Dopo il fiasco del primo Mefistofele, Boito si dedicò principalmente alla composizione di libretti, quasi sempre firmati con lo pseudonimo anagrammatico Tobia Gorrio. Si ricordano La Gioconda per Amilcare Ponchielli, Ero e Leandro scritto per sé nel 1871 ma poi ceduto a Giovanni Bottesini, Pier Luigi Farnese per Costantino Palumbo, La falce per Alfredo Catalani e Un tramonto per Gaetano Coronaro.

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Per Giuseppe Verdi, con cui peraltro erano sorte acute divergenze nel 1863 a causa di un'ode offensiva (Alla salute dell'Arte Italiana), scrisse l'Otello (1887) e il Falstaff (1893), entrambi da Shakespeare, e modificò notevolmente il Simon Boccanegra (1881). Nel corso della lunga collaborazione, nonostante gli spiacevoli trascorsi, tra i due, oltre alla stima reciproca, nacque una profonda e sincera amicizia.

Dal 1887 al 1898 Boito ebbe un'intensa relazione con la celebre attrice Eleonora Duse (gli incontri avvenivano, tra l'altro, a Ivrea, presso il castello di San Giuseppe, dimora del comune amico Giuseppe Bianchi), e per lei tradusse i drammi shakespeariani Antonio e Cleopatra, Romeo e Giulietta e Macbeth.
 

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Dal 1890 al 1891 fu direttore onorario del Conservatorio di Parma (per questa ragione l'istituzione parmigiana porta il suo nome). Nel 1893 gli fu conferita una laurea honoris causa in musica dall'Università di Cambridge, e nel 1912 fu nominato senatore del Regno.
 

Fin dalla giovinezza lavorò alla composizione della tragedia lirica che lo impegnò per tutta la vita, il Nerone, grande affresco storico in cinque atti dai tratti spiccatamente decadentistici; nel 1901, scosso dalla morte di Verdi, ne pubblicò il testo letterario (che fu un vero successo editoriale), ma - vinto dai dubbi e dall'autocritica - non riuscì a completarne la partitura, nonostante la soppressione dell'intero quinto atto. Morì nel 1918, per angina pectoris, ed ebbe sepoltura nel Cimitero monumentale di Milano.

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Il Nerone, completo nello spartito ma non interamente strumentato, fu in seguito integrato nell'orchestrazione da Arturo Toscanini, Antonio Smareglia e Vincenzo Tommasini, che cercarono di seguire le indicazioni e le annotazioni che Boito aveva lasciato. Col carico di un'aspettativa senza paragoni (il pubblico attendeva l'opera da decenni), la tragedia fu rappresentata per la prima volta alla Scala il 1º maggio 1924: accolte da un autentico trionfo, le recite fruttarono al teatro milanese un incasso da record. Dopo un periodo di frequenti esecuzioni, dagli anni cinquanta il secondo dramma musicale di Boito, anche a causa dei costi proibitivi del suo allestimento, è stato rappresentato sempre meno, benché vanti un discreto numero di incisioni, anche in studio.
 

I CAPOLAVORI DI ARRIGO BOITO

POESIA

Il libro dei versi (poesie del periodo 1862/1874 - prima edizione: 1877)

Re Orso (1865 - ed. riveduta: 1902)

Liriche sparse e varie per la musica.

 

NARRATIVA

L'alfier nero (1867)

Iberia (1868)

Il pugno chiuso (1867 - 1870)

Il trapezio (1873-1874, incompiuto)

Horror (progetto)

(queste cinque novelle avrebbero dovuto comporre un ciclo, prima denominato Incubi, e infine Idee Fisse)

Passeggiata Notturna (data sconosciuta, autenticità dubbia)

 

OPERA (libretto e musica)
Le Sorelle d'Italia (saggio d'ultimo anno di Conservatorio, musicato con Franco Faccio, 1861).

Mefistofele (1868 - seconda versione: 1875)

Nerone (1924 - composizione: 1877-1915; versione teatrale per rappresentazione scenica non operistica pubblicata nel 1901)

 

LIBRETTI
Inno delle Nazioni (G. Verdi, 1862)

Amleto (Faccio; 1865) da Shakespeare.

Un tramonto (G. Coronaro; 1873).

La falce (A. Catalani; 1875).

Ero e Leandro (redatto nei primi anni settanta come libretto per sé, viene adattato successivamente per G. Bottesini; 1879 e ancora per L. Mancinelli; 1897).

La Gioconda (A. Ponchielli; 1876) da Victor Hugo (L'angelo tiranno di Padova).

Semira (scritto per L. San Germano attorno al 1876, mai rappresentato).

Pier Luigi Farnese (scritto per C.Palumbo, 1875-1877, mai rappresentato).

Iràm (scritto per C. Dominicetti, 1879, mai rappresentato o musicato).

Basi e bote (melodramma per burattini in dialetto veneto, scritto per sé e probabilmente parzialmente musicato, precedente al 1881; adattato da R. Pick-Mangiagalli; 1927).

Otello (G. Verdi; 1887) da Shakespeare.

Falstaff (G. Verdi; 1893) da Shakespeare.

 

ALTRI SCRITTI

Coreografie per Ero e Leandro (1878) "Sì crudo è il gelo..."
Le madri Galanti (commedia scritta con Emilio Praga; prima rappresentazione: 1863)

Epistolario

CURIOSITA BOITIANE


Il Sole 24 ore 9 marzo 2011
Scapigliati, eroici e pronti all'incendio
di Carlo Carena

Un bel giorno Arrigo Boito, non ancora il musicista famoso ma un giovanotto trapiantato a Milano dalla natia Padova, entrò in un'aula di anatomia, si sedette sui banchi e guardò e ascoltò ciò che faceva e diceva il professore intento a sezionare un cadavere. Ne trasse un ricordo indimenticabile che lo rafforzò nel suo amore per i deboli e gli umili, nel disgusto per l'umanità impietosa e per la scienza trionfante del suo tempo, trionfante e presuntuosa. E siccome era un artista, fece la cronaca di quello spettacolo in una canzonetta,  caratteristica del suo tempo e piena di motivi che ancora oggi la rendono suggestiva:

Lezione di anatomia

La sala è lugubre;
dal negro tetto 
discende l'alba, 
sul freddo letto 
con luce scialba. 
Chi dorme? Un'etica
defunta ieri
all'ospedale...
Ed era giovane!
ed era bionda!
ed era bella!...
Mentre urla il medico
la sua lezione 
io penso ai teneri 
casi passati 
su quella testa,
ai sogni estatici
invan sognati
da quella mesta.
E ora il clinico,
che il cor le svelle,
grida ed esorta:
Ecco le valvole,
ecco le celle,​

ecco l'aorta.
Scienza, vattene, 
coi tuoi conforti!
Ridammi i mondi
del sogno l'anima!
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La Gazzetta dello sport
Milano, 11 gennaio 2013
Claudio Bagni



Gli scacchi, Boito, Verdi e la Maffei
Milano, quel Salotto da far rivivere


La Stella d'Argento assegnata dal Coni alla Società Scacchistica Milanese riaccende le luci su grandi personaggi del Risorgimento milanese. Riuniti da una persona, la contessa Clara Maffei, nel salotto di via Bigli. Che cos'è rimasto di quel salotto che tanta influenza ha avuto sulla nascita dell'Italia?

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Cosa c'entrano gli scacchi con il Risorgimento? La Stella d'Argento attribuita dal Coni alla Società Scacchistica Milanese, ha riacceso le luci su grandi personaggi e vicende decisive nella nascita dell'Italia. "La Scacchistica Milanese - fa sapere la società - fu fondata nel 1881 da Edoardo Crespi in occasione del Torneo Internazionale di scacchi svoltosi a Milano durante l'Esposizione Nazionale di quell'anno (la prima Expo milanese). Tra i soci dell'epoca c'era Arrigo Boito, poeta e musicista, nato a Padova nel 1842 e morto a Milano nel 1918, tipico rappresentante del Romanticismo italiano. Oltre che di opere musicali, (la più nota il "Nerone", postuma) il Boito fu fecondo autore di poesie per musica e librettista di Verdi (Otello, Falstaff) e di Ponchielli (Gioconda). Si cimentò con successo anche in scritti e racconti, dei quali forse il più noto è "L'Alfiere Nero" a soggetto scacchistico e giocò alcune partite con Giuseppe Verdi nelle serate milanesi trascorse nel salotto della contessa Clara Maffei in via Bigl"i. Ecco svelato il legame degli scacchi con il Risorgimento
 

 

il salotto scomparso — Il salotto di Clara Maffei, situato nello stabile di via Bigli, angolo via Manzoni dove è tuttora ricordato da un'iscrizione murale, fu uno dei cuori della Milano culturale e del Risorgimento, frequentato dagli ingegni più brillanti dell'800. Vi si potevano incontrare Massimo D'Azeglio e Carlo Cattaneo, Tommaso Grossi e Giuseppe Verdi. Fino a quando, grazie alla relazione della contessa con Carlo Tenca, si trasformò nel pensatoio del liberalismo lombardo. "Per mezzo secolo - si legge nella prefazione de Il Salotto della COntessa Maffei di Raffaello Barbiera edito da Baldini, Castoldi &C a inizio Novecento - quel quel salotto fu il più celebre d'Italia: per cinquantadue anni, fu riunione di patrioti, di letterati, di artisti italiani, e degli stranieri illustri che, visitando la Penisola, passavano per la metropoli lombarda. L'influenza esercitata dal salotto Maffei nel decennio dal 1848 al 1859 nei destini di Lombardia, e possiam dire d'Italia (influenza grandemente dovuta alle energiche inspirazioni di Camillo Cavour), non va trascurata da chi studia le origini della terza Italia. la patriottica irradiazione del salotto Maffei si diffuse oltre i limiti di Milano e della Lombardia, si diffuse in altre regoni italiane; vi portò la parola d'ordine, la parola che ben presto divenne azione. Anche fuori d'Italia, specialmente a Parigi, il nome di Clara Maffei era conosciuto e ripetuto con con reverente simpatia: le salon Maffei veniva citato alle TUileies come ritrovo d'uomini di gagliarda tempra sul cui senno e sul cui ajuto il grande statista del nostro risorgimento, Camillo Cavour, contava fiducioso. Non si tratta dunque di un salotto provinciale, d'un salotto milanese, bensì d'un salotto italiano"

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La casa natale di Boito diventa una boutique
Il Mattino di Padova
31 gennaio 2006  
Enzo Bordin


 

La casa natale dello scrittore e compositore scapigliato Arrigo Boito, al primo piano di via Cavour 17, diventerà presto una boutique d’abbigliamento. Il negozio sorgerà al posto della storica libreria Draghi Randi, trasferitasi nella vicina Galleria Santa Lucia. Dal salotto letterario di un tempo si passerà alla vendita di vestiti griffati: un cambio di «firma» che cancella uno degli ultimi e preziosi angoli culturali della città. «In questa contrada, già dei Morsari, Arrigo Boito nacque il 24 febbraio 1842» recita la targa fatta appendere all’esterno della sua libreria da Giovan Battista Randi, capostipite della famiglia.

Della vecchia libreria Draghi-Randi rimangono soltanto le strutture esterne. All’interno, trapani e martelli pneumatici stanno trasformando i locali in spazi adatti a esporre giacche, gonne, camicie e pantaloni. Il negozio, ceduto in affitto, occuperà anche il primo piano del civico 17 dell’antica contrada dei Morsari, dove Boito bambino fece i suoi primi passi. I lavori, iniziati una settimana fa, si concluderanno entro novanta giorni. La spesa prevista ammonta a 800 mila euro. Ore 18: il Liston è gremito di passanti che passeggiano sbirciando di negozio in negozio. Tutto ciò che luccica sembra attirarli come una calamita, ancor più dei saldi e delle super-offerte. Ma un signore d’altri tempi, attraversando via Cavour, alza gli occhi e tradisce un gesto istintivo di stupore: dalle finestre aperte sul balcone scopre che i lavori riguardano anche il primo piano, dove è posta la targa natale di Arrigo Boito. «Questo non lo dovevano permettere» commenta a fil di voce, scuotendo il capo.

Elena Randi, che insieme al fratello Lorenzo gestisce la nuova libreria di galleria Santa Lucia, parla con accenti misurati e lucidi: «Il mio bisnonno Giovan Battista Randi chiese al Comune di intitolare la contrada ad Arrigo Boito, nato proprio qui. Niente da fare; la scelta degli amminstratori cadde su Cavour. E’ in questo contesto che Giovan Battista volle dedicare almeno una targa ai natali di questo grande personaggio che fu librettista, compositore, poeta e letterato».

 

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A quei tempi, un personaggio scapigliato»e gaudente come Arrigo non era ben visto dal clero. La sua lunga ed ardente passione per Eleonora Duse, conosciuta nel 1884 e rimasta legata a lui fino alla morte (avvenuta a Milano nel 1918) rappresentava uno «scandalo vivente» ma nel contempo riassumeva il fascino perverso, fino a divenirne il simbolo, dell’erotismo di un’epoca. Lo testimonia l’infuocato carteggio tra lui e la bella Eleonora. Ma altre stranezze facevano di Boito un bel tenebroso; era ossessionato da giochi di parole, anagrammi e facezie linguistiche. Un giorno regalò un anello alla Duse accompagnato da questo palindromo: «E’ fedel, non lede fe», ma anche «e Madonn’annoda a me», frasi cioè leggibili anche a rovescio.
Alcune opere di Boito sono firmate con lo pseudonimo di Tobia Gorrio. Ha composto due opere liriche, «Mefistofele» e «Nerone», componendo poi i libretti delle opere «Gioconda» di Ponchielli, «Otello» e «Falstaff» di Verdi. Coltivò pure la letteratura, con accenti critici verso Manzoni ed i suoi toni moraleggianti. Ad un «alternativo» come Boito, non si poteva certo dedicare una via. E nel cuore del centro storico, per giunta.
Quando morì Giovan Battista Randi, a metà degil anni Sessanta, il figlio Giuseppe chiese al Comune di dedicare galleria Santa Lucia alla memoria del padre. «A mio nonno arrivò un altro diniego» ricorda Elena Randi «E fu sempre lui a chiedere allo scultore Enrico Parnigotto un busto di Boito, che ora è collocato nei nuovi locali dove ci siamo trasferiti».
Da Giuseppe, il timone del comando passa al figlio Pietro, grande cultore di musica nonché abile esecutore, avendo sulle spalle lunghi studi di violoncello. Anche con lui, nonostante il mutare dei tempi e dei gusti dei lettori, la libreria Draghi-Randi conserva il fascino di un luogo dove si respira cultura. Però non basta: «La gente faceva fatica a orientarsi, non riusciva a muoversi con disinvoltura. Pur se importante e ottimamente attrezzata, la nostra libreria mancava di leggibilità. Di qui la decisione di voltare pagina optando per questa nuova sede che risponde ai requisiti della modernità e dell’efficienza», dice Elena Randi.
Sfortunato Boito, che nomina spesso Padova nelle sue opere. Nel lontano 1939 viene rappresentato, all’aperto, in città, il dramma teatrale «Gioconda» che è accolta con grande calore. Ed anche da vivo, all’apice della carriera, torna più volte a Padova, città della quale conserverà sempre un caro ricordo. Nonostante ciò gli amministratori del tempo non hanno voluto intitolargli la via dove è nato. E ora nella sua vecchia casa si venderanno vestiti.

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